Google+

mercoledì 3 ottobre 2012

Finché le stelle saranno in cielo

Finché le stelle saranno in cielo è un libro semplice da leggere, anzi da divorare: la prosa di Kristin Harmel è molto scorrevole, anche se particolare: quando è la protagonista, Hope, a vivere gli avvenimenti, l'autrice usa il presente storico alla prima persona; mentre quando è la nonna Rose, detta Mamie per le origini francesi, a rivivere i suoi ricordi abbiamo un passato remoto alla terza persona. Insolito, ma funziona!

La storia è complessa, la trama è ben congegnata e mai scontata, i temi sono davvero molteplici: Hope è una giovane divorziata che gestisce, con la figlia dodicenne, la pasticceria che era stata della madre e della nonna e si ritrova a dover ripercorrere il passato della nonna che, malata di Alzheimer, rivela di essere ebrea, e di esser fuggita da Parigi giovanissima abbandonando la famiglia. Ad aiutare Hope nella ricerca interviene il giovane Gavin, tuttofare che si appassiona a lei, alla sua storia e alla bambina. Il viaggio di Hope si svolge da Cape Cod a una Parigi insolitamente ben descritta - sembra davvero di passeggiare per le vie del Marais e di attraversare Place des Vosges! - per concludersi a New York, all'ombra della Statua della Libertà. Un viaggio alla scoperta delle origini di Mamie, che assumeranno anche per Hope un significato particolare, e finiranno per rafforzare la sua decisione di salvare la pasticceria della sua famiglia, aiutandola a comprendere quanto abbiano significato i dolci nella storia della sua Mamie.

I temi quindi sono tanti: il principale forse è l'Olocausto, trattato con toni tenui ma non per questo meno drammatici; poi importantissimo il ruolo dei dolci, e qui forse la Harmel strizza un po' l'occhio - senza eguagliarlo - a Chocolat della Harris; un ruolo primario è rivestito dalla complessità dei rapporti tra donne all'interno di una stessa famiglia: le difficoltà di Hope con la figlia sono il riflesso di quelle che ha avuto lei con la madre. Poi c'è, ovviamente, l'amore: attraverso la storia della giovane Mamie e del suo (perduto ?) Jacob, Hope riprende fiducia in stessa, e ricomincia a credere nell'amore.

Il personaggio di Hope è forse la cosa meglio riuscita di tutto il libro: all'inizio lei ci appare come una donna frustrata, depressa a causa del divorzio, incapace di rapportarsi con la figlia adolescente e incline a considerarsi una fallita: spontaneo detestarla, e ancora più spontaneo chiedersi perché la Harmel abbia scelto di chiamarla Hope! Si tratta di un personaggio che si riscatta nel corso del suo viaggio, che piano piano - aiutata dalla sua famiglia, e dalla scoperta della vera storia di Mamie e del suo dolore - riesce ad affrontare la sua paura più grande, paura descritta in maniera fresca e spontanea dall'autrice, paura che tutti abbiamo conosciuto: la paura di soffrire, di aprirsi al prossimo, cui consegue il timore di non essere più in grado di amare.



consigliato: sì!


Nella foto, Place des Vosges a Parigi. Photo by.. la mia mamma!

(post pubblicato, in origine, qui)

Nessun commento: