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domenica 2 febbraio 2014

"Che il libro smetta di far rima con isolamento e mediocrità"

Ieri, sulla pagina Facebook del blog, ho condiviso un interessante articolo riguardante il "solito" problema: la lettura, tra i giovani, non è particolarmente diffusa, e ci si chiedeva come porre rimedio. I dati riportati nell'articolo sono relativi alla Francia, ma non vi è ragione di credere che in Italia la situazione sia migliore, anzi.
Vengono proposte 4 strategie per avvicinare i giovani alla lettura. Quella che più mi interessa è la quarta: 
che il libro smetta di far rima con isolamento e mediocrità e cominci a farla con piacere e condivisione. A tal fine è importante che chi ne parla lo faccia in modo convincente e allettante. In altre parole, che tutti i mediatori - librai, ma anche bibliotecari, giornalisti e gli stessi genitori - siano formati adeguatamente per essere non dei 'prescrittori' di letture obbligatorie ma, per riprendere la formula di Philip Roth, degli "insegnanti di desiderio".

Sulla prima - riguardante la necessità di  far crescere i bambini in un ambiente ricco di libri, con genitori che leggono - ho delle riserve, nel senso che temo che purtroppo non sia sufficiente: i casi di accaniti lettori che si ritrovano con figli che non leggono sono infatti parecchi. La terza, sull'importanza di avere libri a disposizione fin dalla più tenera età, la trovo stretta parente della prima, e anche qui... mi pare ci sia poca sostanza. Il mondo è pieno di giovani adulti che nutrono poco interesse nei confronti della lettura, ma... quale bambino non ha avuto tra le mani libretti & librotti?
La seconda, per quale vi rimando direttamente all'articolo citato, è  effettivamente interessante e sarebbe una strada da percorrere.

Ma ritorniamo alla quarta... ci tengo davvero, mi sta a cuore. Forse perché per tanti anni sono stata derisa dai compagni di scuola, perché ero quella che andava bene a scuola e amava leggere. E anche oggi, quando mi siedo sul treno o nella sala d'aspetto del dottore col mio librone, mi ritrovo sempre addosso occhiate che esprimo in parte curiosità, ma anche - ahimè - scherno e commiserazione.
Su questo ci sarebbe da lavorare, e tanto. Dovrebbe essere diffusa la consapevolezza che... leggere serve ad aprirsi, in maniera più profonda, perché leggere vuol dire avere qualcosa di cui parlare col prossimo. Non è isolarsi nel proprio stanzino, ma anzi viaggiare verso mondi sconosciuti, e nelle profondità del pensiero.
E soprattutto... la scuola dovrebbe smettere di far leggere i libri con la mera giustificazione che.. "non si può non leggerlo", e invece spiegare perché la determinata opera è importante. Non solo, si dovrebbero lanciare consigli più ampi, promuovere la conoscenza di testi anche meno noti e centrali nella letteratura ma comunque scritti bene, perché sono profondamente convinta che un ragazzino possa arrivare dalla lettura di Carofiglio (per dire uno dei miei italiani contemporanei preferiti) a Dostoevskij autonomamente, per curiosità. Ma se ti vengono imposti a forza i Malavoglia, da lì non ti schiodi più.

Ecco, il problema è sempre il come, realizzare tutto questo. Sulla faccenda scuola, credo si potrebbe lavorare abbastanza agevolmente. E il resto forse verrebbe da sé. Perché è solo con la passione che si abbattono i pregiudizi.  Dico forse, ovviamente. E nel mio piccolo non posso che continuare a consigliare romanzi semplici ma scritti bene e non superficiali, nella speranza che da cosa nasca cosa.

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