Google+

mercoledì 19 marzo 2014

Recensione: "Anelli di quercia" - Cristina Bergomi

TRAMA (da Amazon.it): La vita di Anna si è fermata ad otto anni, quando l’orrore della violenza le ha sottratto tutto. Incapace di amarsi, diventa preda facile di Sergio. Lui è l’uomo perfetto: bello, ricco, di successo ma c’è qualcosa che nessuno sa. Sotto il suo sorriso rassicurante c’è un passato oscuro e doloroso che ha lasciato cicatrici insanabili. 
Sergio trascina Anna in una spirale di dipendenza affettiva dove il dolore fisico diventa l’unico mezzo per sentirsi vivi.



Anelli di quercia, di cui ho letto l'estratto Kindle una mattina a colazione, si è infilato a tradimento tra le mie letture, sballando l'elenco che avevo diligentemente preparato.
Del resto, quando un libro chiama, è necessario rispondere. E anche in fretta. E l'ho divorato, tra una mezza serata in treno e un pranzo solitario al bar della biblioteca.
L'argomento è duro, doloroso. Colpisce nel profondo, fa male. Fa male soprattutto a chi ha visto litigare in casa, a chi ha avuto un uomo (p)ossessivo e geloso, anche se non violento.
Il tema è trattato senza filtri di alcun genere, senza banalità e ipocrisie. La scrittura è schietta, incisiva. Mette a nudo i sentimenti e i ricordi di Anna come quelli di Sergio. La trama è davvero semplice, esile. L'autrice racconta un meccanismo che tutti conosciamo, senza aggiungere "contenuti nuovi". Ci mostra cosa c'è dietro quella violenza domestica, ci indica un'infanzia infelice, il vuoto dell'assenza. Sono tutte cose che (più o meno tutti) sappiamo. O almeno, le sappiamo noi, donne serene in grado di difenderci. 
Non è la trama, infatti, la grandezza di questo libro. La grandezza sta nella meravigliosa maturità stilistica, nella scrittura delicata ma lucida. Sta nelle citazioni - tratte da grandi opere del passato - poste all'inizio di ogni capitolo, che racchiudono il senso di ciò che viene raccontato. Sta nella lucidità, nell'attenzione con cui si descrivono gli atteggiamenti, le finzioni, le paure dell'animo umano. Per me è stato un po' come Il tempo tagliato della mia amica Silvia Longo: è direttamente la bellezza delle parole a creare l'emozione. 

Il finale non è scontato, ma riflettendo - a posteriori - è l'unico possibile. E ti costringe a una riflessione, perché non è un lieto fine. Non c'è buonismo, nella storia raccontata. Non c'è la facile redenzione dell'uomo violento che ormai sappiamo (lo sappiamo, vero?) non essere possibile. E c'è la reazione che arriva troppo tardi. Ed è lì che dobbiamo lavorare. Partire da quella reazione mancata, guardare cosa c'è dietro e reagire.

Un libro che ogni donna, oggi, dovrebbe leggere. 

Nessun commento: