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lunedì 25 agosto 2014

Recensione: "Ragazze di campagna" - Edna O'Brien

TRAMA (da qlibri):  La timida e romantica Caithleen sogna l'amore, mentre la sua amica Babà, sfrontata e disinibita, è ansiosa di vivere liberamente ogni esperienza che la vita può regalare a una giovane donna. Quando l'orizzonte del loro piccolo villaggio, nella cattolicissima campagna irlandese, si fa troppo angusto, decidono di lasciare il collegio di suore in cui vivono per scappare nella grande città, in cerca d'amore ed emozioni. Nonostante siano fermamente decise a sfidare insieme il mondo, le loro vite prenderanno però vie del tutto inaspettate e ciascuna dovrà imparare a scegliere da sola il proprio destino. "Ragazze di campagna" venne scritto in soli tre mesi e inviato a un editore, il quale ricevette da un celebre scrittore suo consulente questo giudizio: "Avrei voluto scriverlo io". Alla sua pubblicazione, avvenuta nel 1960, l'esordio narrativo di Edna O'Brien, fortemente autobiografico,suscitò reazioni di sdegno e condanna che andarono ben oltre le intenzioni di una sconosciuta autrice poco più che ventenne: il libro fu bruciato sul sagrato delle chiese e messo all'indice per aver raccontato, per la prima volta con sincerità e in maniera esplicita, il desiderio di una nuova generazione di donne che rivendicava il diritto di poter vivere e parlare liberamente della propria sessualità.

Ho letto questo romanzo in un paio di sere, dopo aver finito La fiera della vanità, in merito al quale forse riuscirei solo a dire che mi è piaciuto tantissimo.
Lo stesso non si può dire, assolutamente, per Ragazze di campagna. Dopo circa 40 pagine avrei voluto abbandonarlo, e credo di averlo finito solo per forza di inerzia, oltre che per un antipaticissimo desiderio di scrivere che non mi era piaciuto. Arrivare al finale, per altro scontatissimo, è stata una liberazione.
Non fraintendetemi: il romanzo è scritto bene, e se inquadrato all'interno del contesto socio-culturale entro il quale è germinato acquista un senso ben preciso, ma per me questo non è sufficiente. A me non è piaciuto per nulla, purtroppo.
In primo luogo mi è parso noiosissimo, e credo di averlo finito solo perché è veramente breve. La descrizione dell'ambiente socioculturale in cui le due ragazze vivono è molto ben fatta, non è difficile immaginare quei luoghi e soprattutto percepirne l'estrema povertà, il degrado. Quello che manca, secondo me, è l'approfondimento psicologico. Il rapporto tra le due amiche è sicuramente complesso, ci deve essere qualcosa alla base della crudeltà con cui Baba tratta Caithleen ma... cosa? Non si capisce per quale motivo Baba la insulti e la tiranneggi sempre, non c'è niente che spiega i motivi di questo rapporto di interdipendenza e insieme amore/odio. E anche la mezza relazione tra Caithleen e l'anziano vicino di casa è appena tratteggiata, sicuramente possiamo parlare di complesso di Edipo non risolto ma l'autrice non ci dice molto di più. Probabilmente per l'epoca era scandalosa, ai miei occhi è solo, ed inutilmente, morbosa e torbida.

Insomma, sconsigliato.

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