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domenica 28 dicembre 2014

I 10 migliori libri letti nel 2014

Il 2014, che volge al termine, è stato un anno per me lunghissimo: denso di avvenimenti e di letture, e che letture! Ho contato 72 libri letti quest'anno, moltissimi sono classici che ho amato moltissimo. Risulta difficile stilare una top ten, cercando di non limitarmi solo ai mostri sacri della letteratura: sarebbe riduttivo.
Vediamo di provarci: ne metto appunto dieci, ma in ordine sparso e di getto.

La melodia di Vienna - Ernst Lothar (questo è decisamente il numero 1!)
Sonata a Kreutzer - Lev Tolstoj
Il malinteso - Irene Némirovsky
Oblomov - Ivan Goncarov
L'Avversario - Emmanuel Carrère
Padri e figli - Ivan Turgenev
L'amica geniale - Elena Ferrante (facciamo che la tetralogia vale per uno, dai!)
La confessione - Mario Soldati
La montagna incantata - Thomas Mann
Viola Foscari - Tea Ranno

Tre contemporanei su dieci: non male! Restano fuori, ma solo perché mi sono promessa di metterne solo dieci, Forte come la morte, Dalla parte di Swann, La fiera della vanità e La famiglia Karnowski.


Concludo augurandovi un 2015 pieno di splendide letture: per me spero che sia, da questo punto di vista, all'altezza del 2014!

martedì 16 dicembre 2014

...Agli aspiranti scrittori

Post polemico. Lo dichiaro in partenza, così non ci sono problemi. Ho bisogno di sfogarmi.

Attualmente sto leggendo un ebook, per conto di un sito web con cui collaboro: per correttezza, non ho intenzione di nominare né l'autore né il titolo dell'opera.
L'opera, ovviamente autopubblicata, è semplicemente demenziale: abbondano gli errori grammaticali, ortografici, le concordanze sono sbagliate, oggetti da sempre maschili nel dizionario italiano sono magicamente diventati femminili. Sulla trama non mi pronuncio.
Non è la prima volta che mi ritrovo, per svariati motivi, a leggere "esordi" simili.
Ho sempre cercato di essere diplomatica, di tenere a bada il nervosismo, di passare, come si dice spesso oggi, oltre, di non guardare ciò che non mi piaceva. Adesso però mi sono stufata.

Oggi, più o meno tutti possono autopubblicare il proprio ebook. Perfetto. Il fatto che una cosa si possa fare non significa che siamo legittimati a farla. Scrivere è un lavoro serio, vero. Che richiede studio, attenzione, pratica. Ma soprattutto, a monte, serve UMILTA'. Un valore raro, che si va perdendo ogni giorno di più.
Prima di cominciare a scrivere il vostro ebook, cari aspiranti scrittori, posate la penna, spegnete il computer, fatevi un giro. Riflettete. Interrogatevi sulle vostre REALI capacità. Cominciate dalle basi: siete sicuri di conoscere la lingua italiana? Sapete che l'aspirapolvere fa "rumore" e non "versi"? Vi vengono le parole o dovete metterne altre tra virgolette, piegandone il significato a quello che volete dire?
Se non siete sicuri di questo, lasciate perdere, per favore. Un linguaggio "strano", inusuale, una trama "particolare" - che poi...chissà perché il 90% degli esordi (self) viene presentato come particolare - non copriranno il vuoto che c'è sotto. La grammatica, l'ortografia, la sintassi, non sono accessori obsoleti. Non voglio in questa sede parlare di intrecci banali o di trame insignificanti: mi voglio fermare al primo livello, per sottolineare la gravità del fenomeno. L'Italia è il Paese con più scrittori e meno lettori in Europa: mi pare grave.
Non tutti hanno qualcosa da dire. Non tutti, pur avendolo, sono in grado di dirlo.
Mi si potrebbe rispondere che... se non mi piacciono certi ebook, posso non leggerli. E' vero. Ma voi, esordienti che non passereste la prima prova di maturità, non danneggiate solo voi stessi. Danneggiate anche gli autori meritevoli che scelgono, per svariati motivi, la via del self publishing, perché nella mediocrità è sempre più difficile scavare. E non lo dico solo perché tra essi c'è un mio caro amico.

In conclusione: nello spazio laterale c'è scritto che sono disponibile a recensire materiale di autori esordienti. Lo sono ancora, ma ho deciso di smetterla con la tolleranza. Se il vostro "capolovoro" non è nemmeno scritto in italiano corretto - e lo sapete se non lo è, perché da troppi ho sentito dire che "non è la forma che conta" - fate che non mandarmelo, per favore. Io risparmierò tempo, e voi eviterete di avere una violenta stroncatura.

lunedì 15 dicembre 2014

Recensione: "La casalinga ideale" - Giorgia Giorgi

Non è una biografia ma, in fondo in fondo, parla anche di me…e di voi.

Non è un manuale, ma conoscerete l’arte di ricevere gli ospiti anche quando la casa non sarà presentabile e scoprirete i trucchi per gestire il bilancio familiare facendo la cresta sulla spesa.

Non è una raccolta di ricette e rimedi, tuttavia troverete consigli e suggerimenti per non impazzire dietro le faccende domestiche e i calzini spaiati.

Non è un libro, semplicemente perché non sono una scrittrice. (dal sito web La casalinga ideale, di Giorgia Giorgi).





Il trasferimento in Germania ha significato per me (anche) il passaggio da studentessa, "mestiere" che svolgevo ininterrottamente da diciannove anni, a quello di casalinga o, come preferisco dire, di Hausfrau. E' stato inevitabile cominciare a frequentare qualche gruppo Facebook dedicato ai temi dell'"economia domestica£ per strappare qualche consiglio e per sentirmi meno sola. La mia opinione su questo tipo di gruppi non è, in definitiva, del tutto positiva, ma sono contenta di avere scoperto che dietro uno di essi, La casalinga ideale, c'era un progetto serio, che comprende un sito web, un'app e un ebook. Malgrado quindi i continui OT e i battibecchi di chi ha molto tempo da perdere sul gruppo FB, il progetto di Giorgia Giorgi mi piace, e ho voluto leggere il suo ebook.
Si tratta di poche pagine che sono volate via lisce tra una lezione di tedesco e l'altra, scritte con tono allegro e garbato. Non è una guida ma i suggerimenti per pulire le macchie particolari, o per organizzarsi meglio, o per preparare dei biscotti veloci non mancano, e io li ho molto graditi.
L'ultima parte si compone di una sorta di fenomenologia della casalinga, e lì sì che ho riso fino alle lacrime. L'ironia non manca in questo ebook che, come scrive Giorgia, "non è un libro (...) perché non sono una scrittrice".  E allora aggiungo che non manca nemmeno l'autoironia, che credo sia un importante punto di partenza su cui costruire sé stessi, al di là dei cliché e di una società che sulle casalinghe la vede sempre allo stesso modo: oltre a farmi ridere / sorridere, questo racconto mi ha fatto anche riflettere!

Brava Giorgia!

Vi consiglio di fare un giro qui! La casalinga ideale

giovedì 11 dicembre 2014

Racconto inedito: "Via della Neve" - Gianluca Paolisso.

Oggi è un giorno speciale per Scusate, devo andare a leggere: per la prima volta sulla mia pagina viene pubblicato un racconto inedito. Ancora una volta, grazie a Gianluca per aver scelto il mio spazio per presentare la sua nuova creatura.Come ho già scritto ieri, questo è un racconto che parla alla "pancia", alle emozioni di chi legge. Ti cattura e ti porta per mano in una dimensione fatata, ti fa pensare a qualcosa che tutti conosciamo, abbiamo provato almeno una volta nella vita. Io mi sono sentita anche trasportata indietro nel tempo, in un film che ho visto tante volte nel corso della mia infanzia.Semplicemente, Vi auguro buona lettura.


Via della Neve

Atterrai in Via della Neve una sera di Dicembre, senza alcun preavviso.
Non ricordo con precisione come vi giunsi, ma potrei giurare di aver visto durante la caduta quell'immensa creatura che tutti noi chiamiamo Notte: si aggirava a passo lento tra i banchi di nuvole, e con le mani metteva in tasca gli ultimi bagliori del giorno. Il suo sorriso era un taglio di oscurità, i denti pianeti e costellazioni.
Il mio fondo schiena rimbalzò con un tonfo sulla superficie ghiacciata, e in completa noncuranza del suo padrone iniziò a slittare dolcemente verso chissà dove. Mi guardai indietro e sorrisi alla vista della scia azzurrognola che parte del mio corpo lasciava in ricordo al nulla dell'inverno. Continuai a scivolare senza compiere il minimo sforzo, come sospinto da decine di mani, fin quando all'orizzonte non apparvero delle casupole in legno: allora mi fermai, di certo non per mia volontà. Mi scrollai dalla giacca polvere di neve e aghi di pino, e guardai con un misto di paura e perplessità quella curiosa composizione che tanto ricordava un presepe diroccato: sì, quelle case erano di certo abbandonate, eppure dall'unica via che tagliava di netto il paese proveniva una luce calda, come di fuoco appena acceso. Di certo è un sogno, pensai.
Non più di quanto lo sia il tuo mondo. - Mi voltai di scatto, spaventato, e la vidi. D'improvviso avvertii il freddo, il tremore che ne consegue. Non poteva essere vero - Alla fine sei arrivato .
Dopo lunghi istanti di silenzio alzai lo sguardo: la ragazza a pochi passi da me sorrideva, una dolce ferita che mai potrò dimenticare. Giocherellava con uno dei suoi riccioli neri, mentre gli occhi dal lungo taglio sembravano piccoli figli del ghiaccio.
Tu sei ... ? .
Chi sono io non importa - rispose la ragazza con tono fermo - Conta ciò che vedrai, non cosa tutto questo significhi. Vieni . Quando mi prese la mano sentii che nulla oltre quel contatto avrebbe mai avuto importanza.


Non saprei dire quanto tempo fosse passato ... ricordo che superammo un imponente arco di pietra, il cui volto striato d'argento doveva di certo costituire un monito per chiunque avesse deciso di oltrepassare i suoi confini.
Respirai a pieni polmoni, l'aria fredda si spezzava in lame nel mio petto, eppure tutt'intorno alle casupole di legno aleggiava quella luce ambrata, tenera illusione di calore.
Come si chiama questo paese? chiesi alla mia guida, mentre dense nuvolette di vapore fuoriuscivano dalla bocca.
Un paese? esclamò la ragazza, stupita. Ma questo non è un paese! .
Forse mi son lasciato ingannare dalle case abbandonate ... mormorai, intimidito.
Sei in Via della Neve, e quelle case non sono affatto abbandonate. Guarda .
Mi indicò un punto di fronte a noi, e ancora una volta rimasi sorpreso dalla mia cecità. Nella nebbia un folto gruppo di persone si accalcava ai bordi della strada, cercando di accaparrarsi il più piccolo spazio utile nel raggio di pochi metri: sembrava che tutti volessero guardare, sostare nello stesso punto, di certo non dissimile dagli altri.
Ad un tratto una donna tirò fuori dalla tasca una penna stilografica, e facendosi scudo con il braccio destro iniziò a graffiare la superficie ghiacciata distante pochi centimetri. Il suo volto contratto tradiva il timore che qualcuno potesse violare il suo pensiero appena nato. Diede un ultimo gesto di penna, come a voler mettere il punto, e sorridendo osservò scie di lettere dorate ricomporsi magicamente nell'aria, a formare una dolce frase d'amore, che scomparve poco dopo nella luce ambrata che tutto avvolgeva. La donna si scansò, lo sguardo d'un tratto cupo; un signore attempato prese il suo posto, ripetendo la stessa operazione, e così via tutti gli altri.
Ciò che resta è la malinconia ... , mormorò la ragazza al mio fianco.
Chi sono? domandai, lo sguardo perso nelle lettere sospese.
Coloro che in vita non hanno avuto il coraggio di confessare il proprio amore .
Sono morti? .
Vivono ancora, ma l'anima che un tempo avrebbe dovuto gioire di una dolce paura, ora muore in un frase mai pronunciata. Passiamo oltre, non è lecito contemplare a lungo queste cose .
Camminammo vicino a quella piccola frangia di umanità senza mai voltarci, ma quando per un fatale scherzo del destino dissolsi al mio passaggio una lettera d'oro in cerca della sua compagna, la donna che per prima aveva inciso nel ghiaccio la sua confessione d'amore mi guardò forse con rancore, eppure nel libro dei suoi occhi scorsi solo una pagina bianca.


La strada prese a salire, al mio sguardo incantato appariva come una linea evanescente in rotta verso mondi sconosciuti.
I graffi delle penne sul ghiaccio mutarono in un'eco lontana, che d'improvviso si frantumò al pari di un cristallo.
Poi accadde, e credo tutt'ora fosse una magia. Si accesero tante piccole stelle in Via della Neve, così come non ne avevo mai viste in cielo. Le anime di luce respiravano a intermittenza, colte da fugaci riflessi d'arcobaleno.
La ragazza camminava a pochi passi da me, sembrava sorridere del mio stupore, ma teneva ben stretta la mia mano nella sua, quasi avesse timore di perderla nel buio.
Quando fummo vicini alle prime luci, mi accorsi con meraviglia di esser stato cieco, ancora una volta: non erano astri caduti sulla terra prima del tempo, ma piccole sculture di vetro. Vidi apparire cavalli sospesi sulle zampe posteriori, renne, fenicotteri e ancor più avanti slitte e bambole dai colori vivaci. Il silenzio che accompagnava quella visione mi fece tremare.
Posso raccontarti una storia? mormorò la mia guida.
Certo risposi, quasi sollevato. Quella creatura doveva leggermi nel pensiero.
Il vetro si forgia nel fuoco, Nicolas imparò quest'arte in giovane età. Il maestro lo ritenne sempre il suo miglior allievo, ma poco dopo finì per odiarlo. Non si faceva mai pagare per il suo lavoro, amava donare le sue sculture ai puri di cuore, soprattutto ai bambini. Impoveriva ogni anno di più, lo si vedeva camminare con un sacco in spalla ai bordi delle strade, oramai vecchio e stanco, felice nei ricordi di un sorriso o della buona parola di uno sconosciuto ... poi un giorno morì così come aveva vissuto, solo, ma vivo nella mente di tutti. E pensare che nel tuo mondo c'è chi lo raffigura come un essere magico, vestito di rosso, su una slitta trainata da renne! - esclamò la ragazza, scuotendo il capo - No, la realtà è molto più semplice e fantasiosa di qualsiasi meraviglia .
E tutto questo? chiesi con voce fioca, mentre i riflessi del vetro mi accarezzavano la rètina.
Nicolas pose qui le sue sculture poco prima di morire, nella vana speranza che qualcuno potesse scorgervi bellezza. Ma come possono quelle anime accorgersi che la vita è specchio di colori? .


Giungemmo alla sommità di Via della Neve accompagnati unicamente dal soffio del vento: ripresi fiato e guardai dietro di me, li dove l'oscurità era minata da uno stormo di fiammelle colorate. Di certo Notte non avrebbe mai potuto riporre nelle tasche gli ultimi doni del vecchio Nicolas, e chissà perché mi parve di sentirla imprecare per questo.
Ad un tratto iniziò a nevicare, e la ragazza, il volto segnato da leggeri fiocchi di bianco mi disse: Dobbiamo far presto, il tuo tempo è quasi terminato .
Non ricordo quanto camminammo, ma di certo non potrò mai dimenticare la vista che mi apparve di due case poste l'una di fronte all'altra, le cui pareti di vetro abbracciavano la strada, si confondevano nei suoi riflessi. Ad ogni passo scorgevo i tratti degli interni, speculari al pari di uno specchio, e mi stupii che fossero illuminati a giorno, che delle persone li animassero.
Rivolsi uno sguardo alla mia guida, forse in cerca di spiegazioni, ma l'unica risposta che ricevetti fu un cenno del capo, un invito ad osservare con più attenzione. Trattenni il fiato, nello stomaco sentii agitarsi orde di farfalle.
Nella casa di destra, seduta ad un tavolino, scorsi una ragazza: tremava visibilmente, le sue mani corsero ad adagiarsi sulle pareti di una tazza fumante, il naso arrossato a respirarne il calore. Bevve piccoli sorsi, e con un impercettibile movimento del capo proiettò il suo sguardo oltre l'ampia finestra, li dove forse altri occhi la guardavano. Nella casa gemella apparve un ragazzo dai capelli arruffati, il volto segnato dal freddo: si tolse i guanti, sfregandosi le mani, allentò la sciarpa sul collo, e come fosse il solo gesto degno di importanza ricambiò lo sguardo.
Il silenzio parve amplificarsi, mi perforava i timpani: Perché? chiesi, avvertendo la malinconia farsi spazio nel mio animo.
Quanto poco ci divide? - la voce della mia guida quasi si perdeva negli sbuffi di vento - Quanto poco ci divide? - le sue mani iniziarono a dissolversi in nevischio - Il tuo posto è altrove ... .
Nell'eco delle sue parole avvertii che quel mondo mi sfuggiva dalle mani, che Via della Neve si consumava poco a poco in minuscoli frammenti di ghiaccio: li sentii attaccarsi alla pelle, corrompere anche l'anima.
Alle mie spalle un vortice, le illusioni di anime perdute ...
Iniziai a viaggiare senza accorgermene, di lontano nascevano i primi bagliori del mondo.
Sospeso a volare in un sorriso ...


Mi svegliai di colpo, la fronte madida di sudore. Annuii meccanicamente, ripetendomi che sì, mi trovavo nel mio letto, quella che vedevo era la mia stanza, non poteva esserci alcun dubbio. Eppure le coperte disfatte erano colme di minuscoli fiocchi di neve. Guardai la finestra, nella vana speranza di non averla chiusa la sera prima, ma queste sono dimenticanze alquanto irreali durante la stagione invernale. Scossi il capo, incredulo. Mi vestii in tutta fretta e uscii, avevo bisogno d'aria. Non mi preoccupai più di tanto: il peggio che poteva capitare era che quel poco di neve si sciogliesse e bagnasse le coperte, poco importava, il raffreddore mi perseguitava da giorni.
Le strade umide e dense di luci mi stordivano, era come se quel periodo dell'anno portasse costantemente con sé un inspiegabile carico di angoscia, l'inconsapevole tristezza che nasce chissà dove. Le voci delle persone producevano suoni indistinti, che nonostante tutto riportavano alla festa, al pranzo, ai regali ... ed io sapevo di non essere come loro, sapevo di non aver proprio nulla da festeggiare. Un soffio di vento mi colpì sulle gote, e un brivido mi percorse la schiena: pensai che un buon thé avrebbe alleviato, anche se solo per poco, il gelo che pulsava impietoso nelle tempie.
Entrai in un bar semi vuoto e sedetti ad un tavolino: mi tolsi i guanti, allentai la sciarpa sul collo, e notai con stupore una grande cornice dalla quale era possibile osservare la frenesia della vita, o per meglio dire una parete a vetro che dava direttamente sulla strada. Uomini e donne camminavano con distrazione, mai avrebbero dato importanza ad uno sconosciuto che comprendeva le loro pene, o forse li compativa. Così va il mondo ...
Ad un tratto vidi, dall'altra parte della strada, un bar del tutto simile al mio: la stessa composizione interna, i tavolini della stessa forma circolare, ma soprattutto un'identica parete a vetro che baciava il marciapiede ... E poi lei. Infreddolita adagiò le mani sulle pareti della sua tazza fumante, il naso arrossato a respirarne il calore. Bevve piccoli sorsi, e con un impercettibile movimento del capo proiettò il suo sguardo oltre l'ampia finestra, li dove i miei occhi la guardavano.
Nella sua anima lessi pagine scritte e interpretate, dense di correzioni, alcune strappate di netto, e altre ancora da scrivere; lessi la mia malinconia, la nostra perpetua lotta alla solitudine.
"Quanto poco ci divide?" pensai. Ripetei la stessa frase ad alta voce, certo che lei potesse sentirmi, le sue labbra danzavano impercettibilmente, forse pronunciavano il medesimo pensiero.
Senza che me ne accorgessi schizzai fuori dal bar, incurante delle voci che mi inseguivano: entrai nel locale opposto, portandomi dietro odore di inverno e smog. Lei era li, sembrava aspettarmi. Mi avvicinai al suo tavolino tremando, oh, quanto può essere dolce quella paura? Giocherellava con uno dei suoi riccioli neri, mentre gli occhi dal lungo taglio sembravano piccoli figli del ghiaccio.
Non ci fu bisogno di coraggio, le parole sgorgarono dalla mia bocca come un fiume in piena: Sai, ho capito una cosa! .
Cosa? domandò lei con tono fermo.
Che non potrai mai essere un rimpianto .
A quella confessione la ragazza mi guardò stupita, ponendomi nelle mani un libro che riposava tra la tazza ancora calda e la teiera: Leggi le ultime righe mormorò, abbassando lo sguardo. Sfogliai le ultime pagine, e arrivato al punto che mi aveva indicato ritrovai con stupore le mie stesse parole, lo stesso amore ricucito in verbo. Chiusi il libro, e lessi il titolo: Via della Neve.
Quando tornai a guardarla negli occhi lei sorrise, una dolce ferita che mai potrò dimenticare.




Gianluca Paolisso


mercoledì 10 dicembre 2014

Novità: racconto inedito di Gianluca Paolisso

Dopo Nel legno il tuo nome, Gianluca Paolisso si è dedicato a un racconto sul tema del Natale e, ancora una volta, dell'amore.
Dal momento che io e lui siamo amici, mi ha chiesto di poter pubblicare il racconto, Via della Neve, su questo blog: si tratta di una novità assoluta per Scusate, devo andare a leggere, e ho accettato con gioia.
Il racconto uscirà domani, nel frattempo potete gustarvi questo assaggio: 




Si tratta di un racconto delicato e struggente, di quelli che parlano più alla "pancia" che alla "testa". Sono curiosa di vedere come sarà accolto. 

lunedì 8 dicembre 2014

Intervista all'autore: Andrea Pontiroli, "La mia musica nel silenzio"

Quattro chiacchiere con Andrea Pontiroli, autore de La mia musica nel silenzio, recensito la settimana scorsa.

All'interno di questo romanzo, la musica occupa un ruolo molto importante. Nella mia recensione l'ho lasciata un po' da parte, soprattutto per ignoranza. Vuoi parlane tu? Che rapporto hai con la musica, e soprattutto con le opere citate? 

Da quando ho iniziato a scrivere, ho sempre cercato di rendere con le parole le emozioni che la musica mi trasmette, non solo quelle positive, ma anche quel leggero senso di angoscia che sempre provo ai concerti, il timore che l'esecutore sbagli, o non entri in sintonia con il pubblico, ma anche il timore che il pubblico non rispetti la musica, e soprattutto i suoi silenzi - odio i colpi di tosse tra un movimento e un altro ;-)

Poi, ovviamente, c'è l'ammirazione per i musicisti, e la frustrazione di suonare il piano e la chitarra come un principiante...

Tommaso ha un rapporto controverso con la musica, che giunge a maturazione dopo anni di studio e sacrifici: si accorge di non poterne fare a meno quando la sua strada è già segnata. Potremmo dire che la musica è il suo modo di esprimersi, di comunicare. Xavier, invece, scopre di saper comunicare attraverso la parola scritta. Mi viene spontaneo chiederti, a questo punto, quale sia il tuo rapporto con la scrittura, cosa significhi per te scrivere.

Me lo sono chiesto tante volte anche io, senza riuscire a darmi una risposta convincente. Come Tommaso con la musica e Xavier, ma sicuramente con molto meno disciplina (e talento, ahimé) io pure ho sempre pensato che scrivere fosse per me una sorta di necessità.
Quando ero adolescente, pensavo fosse un modo per fuggire a una realtà che non corrispondeva ai miei sogni. Adesso, non lo so...


Nella mia recensione ho sottolineato la pluralità di linguaggi che riesci a padroneggiare, e soprattutto quello che caratterizza i momenti di crisi di Tommaso: leggendo le pagine del romanzo la sua ossessione, le sue difficoltà sono palpabili.
C'è un modello, dietro al tuo modo di raccontare?

Potrei risponderti che tutti i romanzi che ho amato da quando ho imparato a leggere sono stati, ciascuno a suo modo, un modello. E immagino che il mio modo di raccontare, ma anche i personaggi, siano ispirati a molti dei libri che ho letto. Credo che molto di quello che racconto, e di come lo racconto, siano ispirati in maniera inconsapevole, volutamente inconsapevole direi, ai libri e ai
personaggi che ho amato.



Ho sempre pensato che, scrivendo, mettessimo pezzetti di noi, o di persone che conosciamo e amiamo nei personaggi che creiamo. E' così anche per te? C'è un personaggio che senti "tuo" più di altri?

Questa è la domanda più difficile, nel senso che, con l'eccezione di alcuni passaggi che sono ispirati a episodi della mia vita, o di quella di persone che conosco, sono convinto che la mia vita non sia
abbastanza interessante da essere raccontata... credo, ma non ne sono sicuro, che in realtà quella che racconto è una vita, non mia, che mi affascina. Non so fino a che punto io senta "miei" Tommaso o Xavier, in parte credo avrei voluto essere come loro, in parte loro sono quello che io non sono stato, e in parte sono persone che mi piacerebbe conoscere. E c'è anche qualcos'altro. Da un lato sono
felice che altre persone, conosciute e sconosciute, stiano ora leggendo il mio libro. Dall'altro, dal momento in cui il libro è stato pubblicato, provo come un senso di abbandono, e i miei personaggi,
Tommaso e Xavier in primis, mi mancano.

mercoledì 3 dicembre 2014

Recensione: "La mia musica nel silenzio" - Andrea Pontiroli

Sinossi (da Ellera Edizioni): Tommaso ha un dono, anche se lui non l’ha mai chiesto: suona il violino come nessun altro. Per questo sua madre, a poco più di dieci anni, lo manda a vivere a Parigi, per studiare con uno dei più grandi violinisti del mondo. Lì, nella famiglia francese che lo accoglie, trova Xavier, suo coetaneo e violinista a sua volta, di cui diventa quasi un fratello: da quel momento la vita dei due sarà segnata da una condivisione totale delle esperienze. L’amicizia e la complicità resisteranno a una rivalità crescente, fino a quando Tommaso non comincerà la sua formidabile ascesa di violinista, che lo sradicherà da Parigi ma che non intaccherà il legame con Xavier. A rompere l’equilibrio sarà l’arrivo di Marianne, che scompiglierà la loro vita, fino alle più estreme conclusioni.
Una storia affascinante e piena di pathos che ci porta per mano nel mondo della musica classica e nella mente di un giovane prodigio, tra Milano, Parigi e New York.


La mia musica nel silenzio è il secondo romanzo appartenente alla collana Letteratura italiana sommersa della giovane casa editrice Ellera Edizioni.
Il romanzo racconta la storia della grande amicizia tra Tommaso e Xavier e l'ascesa di Tommaso che si trova, quasi senza accorgersene, a essere uno dei violinisti più famosi del mondo.
Si potrebbe parlare di romanzo di formazione, ma mi trattengo. Sia perché rifuggo le etichette, sia perché La mia musica nel silenzio non è solo, e non esattamente, questo. Assistiamo, sicuramente, alla crescita dei due personaggi principali, ma in un certo senso a maturare in maniera attiva, consapevole, è solo Xavier: Tommaso sembra lasciarsi vivere. A proposito di Tommaso, mi viene spontaneo usare un'espressione di Chiara Gamberale che amo molto: egli vive sottovuoto. Come se fosse, costantemente, in balia degli eventi, incapace di decidere, di pensare, di esprimere il proprio parere o anche solo di averne uno, sempre sull'orlo della depressione.
Anche per quanto riguarda il suo rapporto con la musica, la consapevolezza di cosa significhi per lui il violino sembra arrivare tardi.
Tommaso è conscio di non essere un ragazzo come gli altri, di non poter avere una vita normale, e forse non la vuole nemmeno. Io, che spesso mi accorgo di trascorrere giornate intere sottovuoto, mi sono spesso interrogata nel corso della lettura su cosa sia la normalità, se esista davvero.
Il romanzo prende un'altra piega quando Tommaso conosce Marianne, la compagna di Xavier: non voglio addentrarmi troppo nell'analisi, il rischio di fare spoiler è davvero alto. Posso solo dire che oltre al tema della musica, e dell'amicizia, in questo romanzo è affrontato un argomento interessante: è possibile, per una donna, amare due uomini contemporaneamente?
è possibile che l'amore e l'amicizia siano più forti di ogni avversità?
Il rapporto tra Tommaso e Xavier è sempre ambiguo, difficile. La rivalità tra i due esiste, è palpabile: ma può l'amore fraterno essere più forte della rivalità, del tradimento? Può soffocare l'odio sul nascere? Possono due persone così unite vivere una senza l'altra?
L'epilogo è commovente, mozzafiato, e per nulla scontato, anche se - riflettendoci - è l'unico davvero possibile.

Il romanzo è scritto bene, con una cifra stilistica chiara e riconoscibile: l'autore è in grado di padroneggiare linguaggi diversi, e quello ossessivo e martellante che usa quando ci troviamo dentro la testa di Tommaso è magistrale. Non vi è niente di insufficiente in questo romanzo: tutto è sviscerato con precisione, e arrivare all'ultima pagina ti lascia un senso di vuoto e tante domande: questo, per me, è quello che deve darti un buon libro.
Un piccolo difetto, a parer mio,esiste: è leggermente troppo lungo. Qualche pagina in meno l'avrebbe reso ancora più incisivo.

Piccola chiosa: ho parlato di "cifra stilistica chiara e riconoscibile". Anche il primo romanzo appartenente alla collana Letteratura italiana sommersa, La scomparsa di Massimiliano Arlt, era così: particolare, insolito, non scontato, non accostabile ai troppi - purtroppo - esordi tutti simili che spesso ricevo in lettura. E il merito è tutto di Ellera Edizioni, che per adesso mi sembra che sappia scegliere molto bene.